Catechesi Quaresimale di Mons. Mario Ledda: lunedì 17 e lunedì 24 marzo

2 – Lunedì 17 e lunedì 24 Marzo

LITURGIA DELLA PAROLA

* Ascolto e non lettura individuale

                * Ascolto come atto di culto

                                 * Ascolto come atto comune e condiviso

                                                                         * Lettura per l’ascolto

 

DA PRINCIPI E NORME

9. Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo.

Per questo, le letture della parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della Liturgia, si devono ascoltare da tutti con venerazione.

E benché la Parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi intelligibile, tuttavia la sua efficacia viene accresciuta da un’esposizione viva e attuale, cioè dall’omelia, che è considerata parte dell’azione liturgica.

 

* Le letture della Parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo (maximi momenti) della Liturgia

* Le letture della Parola di Dio si devono ascoltare da tutti con venerazione

* L' efficacia della Parola di Dio viene accresciuta [non creata!] dall’omelia

Importantissimo vuol dire irrinunciabile: senza questa parte celebrativa non c’è vera e completa Liturgia. Questo dato sacramentale si realizza con un gesto tipico, unico, non surrogabile: il gesto sacro dell’ASCOLTO.

Mi permetto una “divagazione” sul mistero dell’ascolto: spero ritorni utile.

* La preghiera quotidiana dell’ebreo si apre con un imperativo: “Ascolta!” E non è rivolto a Dio; essa suona: “Ascolta, Israele!” E’ un imperativo rivolto a sé stesso.

* Quando lo interrogano circa il più importante dei comandamenti, Gesù risponde: “Il primo è: Ascolta, Israele!…”

* Quando il giovane re Salomone chiede a Dio la sapienza per governare, dice: “Donami un cuore ascoltante…” [non: “docile”, come traduce la CEI].

L’ascolto costituisce l’uomo religioso, e – credo – l’uomo in quanto tale, perché l’ascolto è l’essenza della relazione.

  * Io ho bisogno di essere ascoltato, perché ho bisogno di essere accolto.

 *  Io valuto me stesso importante per qualcuno ove questi mi dia ascolto, mi dia spazio dentro di sé.

Se io ho bisogno di essere ascoltato, a mia volta ho il dovere di ascoltare. Tutti dobbiamo vivere il ruolo di parlatori e ascoltatori. Si tratta di una “vocazione globale”.

Ascoltare è far tacere se stesso per dare spazio all’altro. E non è un tacere per benigna concessione o per ineluttabile necessità, ma si tace perché riconosco il diritto dell’altro, perché riconosco lo stesso mio bisogno nell’altro, perché ho di che imparare dall’altro.

La fatica dell’ascolto non è “lasciar parlare” l’altro senza interromperlo; questa è buona educazione. Si tratta di lasciargli spazio dentro di me, a costo di “spostare” un mio interesse, magari pressante, rinunciare a un mio argomento, più interessante, trascurare un mio sentimento magari bruciante, e tutto questo per fare dilagare in me il suo interesse, il suo argomento, il suo sentimento.

Nelle relazioni serie, che “tonificano” l’esistenza, non desidero essere ascoltato per ottenere qualcosa (magari solo l’attenzione dell’altro), ma sempre desidero essere ascoltato per entrare e stare nel cuore dell’altro, per entrare e stare nello spazio dell’altro. Devo farmi POVERO, vuoto, per essere “occupato” dall’altro: sia egli Dio o il Fratello.E questo è atteggiamento squisitamente religioso, è un atto di fede, di speranza, di carità.

A questo punto, essendo comunità e non sommatoria casuale di individui, dobbiamo “ascoltare” in comunità, comunitariamente, come una gesto sacro condiviso: ascoltare e non leggere per conto proprio.

 

Rito della Dedicazione

La Liturgia della Parola ha una apertura e un andamento del tutto particolari:

  • due Lettori e il salmista si presentano al Vescovo
  • consegnano al Vescovo il Lezionario
  • il Vescovo compie una vera ostensione al popolo dicendo: "Risuoni in questo luogo la Parola di Dio; riveli e proclami il Mistero di Cristo e operi nella Chiesa la nostra salvezza".
  • il Vescovo consegna il Lezionario al primo Lettore
  • i Lettori e il Salmista vanno all'ambone recando il Lezionario IN MODO BEN VISIBILE A TUTTI.

Solo ora può iniziare la Liturgia dell'Ascolto.

 

 

Vengono messi in evidenza i segni:

  • ministeriali (Vescovo, Lettore, Salmista, Assemblea): è una ministerialità varia, suddivisa e condivisa, sinergica, al servizio dell'Assemblea
  • materiali (Lezionario e sua ostensione richiamata due volte): gli oggetti non sono solo strumenti funzionali, ma hanno una forte valenza di segno liturgico,
  • spaziali (luoghi e movimenti da luogo a luogo: Cattedra, Ambone, Spazio dell'Assemblea come riferimento): gli spazi e i movimenti che li percorrono devono avere una visibilità che ne renda percepibile la significanza.

La monizione del Vescovo

* dice cosa caratterizza "questo luogo": il risuonare della Parola di Dio

* dice lo scopo di questo risuonare: "rivelare e proclamare il Mistero di Cristo"; 

rivelare= togliere il velo, rendere accoglibile se non proprio comprensibile;

proclamare = a voce alta, far sì che tutti lo possano incontrare

* dice che la rivelazione e la proclamazione del Mistero di Cristo che avviene nella Lettura/Ascolto della Parola di Dio "opera la salvezza" per noi.

 

DA PRINCIPI E NORME

                  33. Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano, costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola. L’omelia, la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate nella omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente per mezzo della sua parola, tra i fedeli.

Nel testo è insistente la sottolineatura di questa potenza sacramentale della Parola:

  • Dio parla al suo popolo e gli manifesta il mistero della salvezza
  • Dio offre un nutrimento spirituale (anche la n° 34: Con le letture si offre ai fedeli la mensa della Parola di Dio e si aprono loro i tesori della Bibbia)
  • Cristo stesso è presente tra i fedeli per mezzo della Sua Parola.

Rito della Dedicazione

Nella Preghiera di Dedicazione si trova:

* il tuo popolo                   qui invocherà il Tuo Nome

                                           qui si nutrirà della Tua Parola

                                           qui vivrà dei Tuoi Sacramenti  

* qui la santa assemblea riunita intorno all'altare celebri il memoriale della Pasqua

                                                si nutra al banchetto della Parola e del Corpo di Cristo

 

 

* il nutrirsi della Parola è posto in sinergia con l'invocazione del Nome e con i Sacramenti

* il nutrirsi della Parola è posto come elemento della celebrazione del memoriale della Pasqua, in parallelo con il nutrirsi del Corpo d Cristo.

DA PRINCIPI E NORME

34. Il popolo fa propria questa parola divina con i canti e vi aderisce con la professione di fede; così nutrito, prega nell’orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero.

* Il popolo fa propria questa parola divina.

Qui si apre uno spazio enorme per il nostro cammino di conversione liturgica e celebrativa. Intendo dire il cammino da celebrazioni tecnicamente ed esteticamente impeccabili a celebrazioni coinvolgenti, disturbanti e trasformanti.

E questa è una seconda divagazione…

 

IL PERCORSO DELLA PAROLA

Prima di tutto si tratta di RICEVERE la Parola. È un testo che proviene da fuori di noi, da Dio (distanza siderale!) affinché giunga a noi e trovi un eco in noi o quanto meno una qualche forma di accoglienza magari frammentaria ma reale.

La Liturgia della Parola fa sì che noi ascoltiamo dei testi come venuti da fuori. È una parola che non siamo noi a pronunciare e che ascoltiamo (= valore “profetico” del ministero di Lettore, Salmista e Diacono).

Non viene da noi, ci raggiunge e tocca qualcosa in noi: tocca al contempo l’orecchio, il cuore, l’intelligenza. Per questo non basta solo lo spazio e il momento della lettura di un testo, ma occorre riservare il tempo, l’attenzione, la tensione per farla nostra.

Nella Liturgia della Parola passiamo dal Libro alla Parola, dalla Scrittura alla oralità.

C’è qualcosa che il testo scritto nel Libro non può comunicare finché una voce non ne risvegli la carica e la portata. Una oralità che annuncia alla folla ci fa ritrovare qualcosa dell’agire di Gesù. La Parola proclamata viene dalla Scrittura, ma per farla tornare ad essere ciò che era prima di venire fissata nello scritto: Parola oralmente annunciata e auricolarmente udita: da Voce – a Udito, da Bocca – a Orecchio, da Cuore – a Cuore.

La Liturgia della Parola è il luogo in cui

* si vive il GESTO di Dio che parla all’uomo, lo convoca per dirgli che lo ama e che vuol fare con lui alleanza;

* si vive anche il GESTO di noi che ci lasciamo convocare e che cerchiamo di rispondere.

È importante che la Parola sia detta da un altro (Lettore, Salmista, Diacono): questo ci invita e ci obbliga ad ascoltarla con un ritmo che non è il nostro, ci fa captare qualcosa dell’Altro.

“Dice il Signore…”: è sempre un Altro che dice. Segnala e celebra l’assoluta alterità che sconfigge l’incomunicabilità.

 

PAROLA E COMUNITA’

La Parola raggiunge una comunità convocata e costituita dalla Parola: senza la Parola non c’è la comunità. Per questo la Parola deve essere accolta in comunità come la Chiesa ce la porge.

Quando si riceve la Parola di Dio insieme ad altri e non si è soli nell’ascoltarla, avviene qualcosa di diverso, l’ascolto condiviso fonda e costruisce le nostre comunità attorno a Cristo: altro fondamento o altra edificazione che non sia il parlare di Dio non ci fa Ecclesìa. La Liturgia della Parola è esperienza individuale ma condivisa: è il tema delle due mense perché accade della condivisione della Parola come della condivisione del Pane.

La Liturgia della Parola è costituita anche da un dialogo: richiede un ascolto della Parola e anche un ascolto dei fratelli, perché la loro stessa presenza accanto a me è una interpellanza che viene a me da Dio.

Ascoltare insieme la Parola ci fa entrare INSIEME nel Mistero di Cristo: questo fatto ci aiuta (e ci obbliga) ad amare chi ascolta accanto a noi, il quale forma con noi un solo corpo. “Nessuno odia il proprio corpo” ricorda san Paolo.

C’è differenza tra leggere un testo per sé e ascoltarlo in assemblea: si tratta di ricevere una Parola senza leggerla, ma di accoglierla mediante l’ascolto di una voce che non è la mia. Questo atto celebrativo è irrinunciabile: per ascoltare la Parola occorre che i fedeli alzino gli occhi dal foglietto o dal messalino. “Gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui”.

Si renda onore alla Parola, la si CELEBRI perché essa è viva nel momento in cui è proclamata e celebrata. La Liturgia della Parola non solo espone la Parola, ma la fa risuonare, fa sì che sia ascoltata e diventi preghiera. Si celebra il fatto che la Parola è sempre in vita. La Liturgia della Parola fa risuonare la Parola di Dio attraverso la voce dell’uomo da un lato e l’orecchio e il cuore della comunità dall'altro.

La Liturgia della Parola deve introdurre nell’ascolto della Parola in atmosfera di silenzio mio/nostro: affinché la Parola ci raggiunga e ci trovi in atteggiamento di ascolto: apertura, accoglienza, interiorizzazione, risposta, lode.

La noticina del n°9 sulla omelia dice che la Parola – se ascoltata – ha una sua efficacia sacramentale: trasforma, converte, adegua la mia mens alla mens di Dio, dona al mio cuore la forma del cuore di Dio.

La Parola PROVOCA (=chiamare fuori), ci attira fuori da noi stessi, ci fa “eccentrici”. Da essa riceviamo la nostra vera identità di creature che accolgono con gioia il dono e riceviamo anche il nostro vero destino di creature cui viene affidato il compito della lode e del rendimento di grazie.

 

* se la Liturgia della Parola è uno dei segni forti della presenza di Dio, perché la evoca e la affida a noi,

* è anche una occasione potente della presenza dell’uomo, rivelativa di cosa l’uomo salvato è: un ascoltatore di Dio.

La Parola celebrata ci mette sul cammino verso Dio e verso gli uomini, ci ricorda che dobbiamo camminare e ci dà un orientamento. Apre piste di riflessione, nutre la meditazione sula nostra fede, dischiude possibilità di cammini inediti. Non avremo mai finito di udire quello che Dio dice su di sé e su di noi. Siamo portatori di una ricca eredità: quella di un popolo che ascolta. Salmo 40,7: “Sacrifico e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto (lett: scavato)”. È una grazia particolare, nella Chiesa, l’ascoltare insieme.

                 * Desideriamo davvero che la Parola ci interpelli?

                * Sentiamo bisogno dell’appello di Cristo che chiama a entrare nel Regno?

Qualcosa entra in noi e nel tessuto fra di noi, con la dinamica del dono e dell’accoglienza. Questo qualcosa taglia, risveglia, nutre, dona gioia e suscita domande, fa crescere e incoraggia, dona vita.

La Liturgia della Parola più che da pensare ci dovrebbe dare da vivere.

 

NOTE AGGIUNTIVE

  1.  

Si dovrebbe trattare qui anche il faticoso tema del ministero del LETTORE.

Accenno solo a due punti:

  1. Il lettore sta SOTTO la Parola, deve obbedire alla Parola, deve adattare il suo dire a ciò che la Parola vuole dire. Non è un dato tecnico (si, anche), ma è un dato di teologia della celebrazione.
  2. Il lettore permette alla Scrittura di ri-diventare Parola, con il suo ministero consente alla lettera stampata e scritta di risuonare come Parola da cuore a cuore.

A parte ancora si deve ragionare sul ministero del SALMISTA, che non è uguale a quello del Lettore.

 

  1. Infine è da ricordare lo spazio da riservare al SILENZIO: non come pausa durante l’ascolto ma come spazio necessario e vitale per l’ascolto.

* Il sacro silenzio è parte della celebrazione (n° 23).

Il SILENZIO è detto SACRO non per la solennità o l’emotività del gesto, ma per il “miracolo” di cui agevola l’accadimento: il parlare di Dio a me, il parlare di Dio a noi, il parlare di Dio alla sua Chiesa.

 

  1. Ancora si dovrebbe parlare del Lezionario/Evangeliario e dell'Ambone…
  2. - Preghiera Universale o dei Fedeli

 

DA PRINCIPI E NORME

34. Il popolo fa propria questa Parola Divina con i canti e vi aderisce con la Professione di Fede; così nutrito, prega nell'orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero.

La Professione di Fede ha una sua fonte precisa:

* "così nutrito [dalla Parola] il popolo prega nella orazione universale"

E' la Parola che consente uno sguardo penetrante sulla vita e sulla storia, tale che ci renda capaci di mettere a fuoco le vere necessità dei fratelli e nostre: non secondo le nostre attese e i sogni di Dio.

45. Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, prega per tutti gli uomini. In questa preghiera si elevino suppliche per la Santa Chiesa, per i governanti, per coloro che si trovino in necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.

* il popolo esercita la sua funzione sacerdotale

* il popolo prega per tutti gli uomini

Lo sguardo "universale" non può essere disatteso. Trattandosi di "ufficio sacerdotale" non ci si può chiudere nei piccoli bisogni personali o del gruppo. Una assemblea convocata che prega deve avere lo stesso orizzonte di Gesù Cristo sulla Croce.

46. La successione della intenzioni sia ordinariamente questa: a) per le necessità della Chiesa; b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo; c) per quelli che si trovano in difficoltà; d) per la comunità locale. Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle esequie, la successione delle intenzioni può venire adattata maggiormente alla circostanza particolare.

47. spetta al sacerdote celebrante guidare la preghiera, invitare con una breve monizione i fedeli  a pregare, e concludere la preghiera con un'orazione. Sarà bene che le intenzioni siano proposte da un diacono o da un cantore, o da qualche altra persona. Tutta l'assemblea esprime la sua preghiera o con un'invocazione comune, dopo che sono state presentate le intenzioni, oppure pregando in silenzio.

* l'assemblea esprime la sua preghiera con un'invocazione comune

* l'assemblea esprime la sua preghiera pregando in silenzio

La vera "preghiera" non è l'intenzione: questa svolge il compito di indirizzare la preghiera comune su questa o quella necessità, ma la vera preghiera è la voce (o il silenzio orante) dell'assemblea: è questo il soggetto sacerdotale che agisce celebrativamente, non il lettore.

 

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