Solennità di Cristo Re

Cristo Re

Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con l’Enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925. Dice il Papa nell’Enciclica:

«E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo ci sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re. »

Nella forma ordinaria del rito romano la festa coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico.

Origine del termine 

L’appellativo di “Cristo Re” ha origine da alcuni passi biblici, a volte anche in altre forme diverse come: “Cristo, re di Israele”, “Re dei re”, “Re della Terra”, “Re delle nazioni” etc.

Nel Nuovo Testamento Gesù viene detto Re (βασιλεύς, basilèus), Re dei Giudei (βασιλεύς τν ουδαίων, basilèus ton Iudàion), Re d’Israele (βασιλεύς σραήλ, basilèus Israèl), Re dei re (βασιλεύς βασιλέων, basilèus basilèon) per un totale di 35 volte, soprattutto nei racconti della passione e Figlio di Davide (υός Δαυδ, uiòs Davìd) altre 12 volte.

L’attributo della regalità era correlato al Messia atteso dagli Ebrei, che era considerato discendente ed erede del Re Davide. Gesù, pur identificandosi come Messia, non si è però attribuito le prerogative politiche che questo comportava (vedi Gv 6,15; 18,36).

Oltre a questi passi espliciti sia Matteo (1,1-16) che Luca (3,23-38) riportano una genealogia dettagliata che, attribuisce a Gesù una discenza davidica e dunque regale e messianica.

Nel vangelo lo troviamo in Luca e Marco:

 «E cominciarono ad accusarlo, dicendo: «Abbiamo trovato quest’uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re».   (Luca 23,2)  

 «Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!» Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano».   (Marco 15,32)  

Si trova anche nell’Apocalisse di Giovanni:

 «e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue »   (Apocalisse 1,5)

«e cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo: «Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente; giuste e veritiere sono le tue vie, o Re delle nazioni. »   (Apocalisse 15,3)  

 «E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: Re dei re e Signore dei signori. »   (Apocalisse 19,16)  

L’11 dicembre 1925, papa Pio XI con l’enciclica “Quas primas” istituì dunque la Solennità di Cristo Re e spiega che il regno di Cristo è principalmente spirituale, Gesù stesso l’ha detto più volte, in particolare davanti a Pilato dice:

«Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui. »   (Giovanni 18,36)  

Pio XI, tuttavia, afferma anche che: «D’altra parte sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create, in modo che tutto soggiaccia al suo arbitrio. Tuttavia, finché fu sulla terra si astenne completamente dall’esercitare tale potere, e come una volta disprezzò il possesso e la cura delle cose umane, così permise e permette che i possessori debitamente se ne servano.»

La Chiesa oggi, celebrando la festa di Cristo Re, chiude l’anno liturgico, ossia il tempo datoci da Dio come pellegrinaggio verso il Cielo in compagnia di Gesù, che è il solo senso della vita, ed il traguardo.

Così parla l’Apocalisse: “Gesù Cristo, è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Ecco viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno il petto per lui. Sì! Amen.

Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap. 1,5-8).

Meditazione

Mettersi sotto il potere di Cristo Re non comporta solamen­te il futuro possesso del regno dei cieli, ma anche un’incipien­te conquista, per vivere la propria esistenza con il sigillo di un’autentica dignità umana. Ieri è toccato a Pilato prendere posizione di fronte a Cristo Re; oggi tocca a noi. E’ relativa­mente facile per tutti cadere nell’equivoco del procuratore ro­mano quando, dopo essersi chiesti se davvero Gesù sia re, non ci si ferma a valutare il peso della risposta, e non se ne accet­tano le conseguenze pratiche. Anche per noi Cristo Re potreb­be costituire una breve “avventura liturgica”, che termina con la fine della celebrazione eucaristica; mentre il potere lo tenia­mo per noi, negandogli, di fatto, di regnare sulla nostra esi­stenza. Possiamo ridimensionare il “Pilato” che c’è in ciascu­no di noi, e lasciare maggior spazio al discepolo autentico, nella convinzione che accettare lealmente la regalità di Cristo significa regnare con lui, da subito e per tutta l’eternità. Noi, con il battesimo diventiamo in Cristo re, sacerdoti e profeti. Appartenere al popolo “regale” significa essere signori di se stessi, liberi dai condizionamenti che da ogni parte ci avvol­gono, perchè liberati da Cristo. Proprio perchè liberi, si può servire disinteressatamente senza pretese di dominio, ma con l’umile ambizione di costruire ogni giorno il regno di cui siamo fatti partecipi.

 

Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente. Venga il tuo Regno, o Signore!

  

 

 

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