Presentazione di Gesù al Tempio: la Candelora

Il 2 Febbraio di ogni anno (40 giorni dal 25 dicembre) la chiesa celebra la presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme.

Questa festa viene chiamata anche “Festa della candelora” perché durante questa celebrazione vengono benedette le candele, simbolo di Cristo “Luce per illuminare le genti” come Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone.

Tutti vengono invitati a portare la candela benedetta nella propria casa per accenderla come segno della Luce di Cristo che deve illuminare la vita di ogni uomo di buona volontà.  Gesù è risorto,  è vivo e presente in mezzo a noi. Viene in noi nel sacramento dell’Eucarestia. Lasciamoci illuminare dalla sua Luce, teniamola sempre accesa e irradiamo con questa Luce il mondo

 

Benedizione delle candele e Santa Messa, alle ore 18.00 

 

L’Evangelista Luca ci racconta questo episodio (Lc 2,22-40):

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Intanto il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Ci troviamo di fronte a delle profezie  molto interessanti:

La prima è quella che troviamo nel libro di Daniele 9,24: “Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo e la santa città per mettere fine all’empietà… per suggellare visioni e profezie, per consacrare il Santo dei Santi”.

 

Ebbene colui che “è sacro per il Signore” al concludersi della settantesima settimana entra davvero nella santa città e nel Tempio. I calcoli tornano: sono passati 40 giorni dalla nascita di Gesù, 450 dall’annuncio dell’Angelo a Zaccaria, cioè 490 giorni pari a settanta settimane.

 

La seconda profezia è quella di Malachia 3,1-3: “Ecco entrare nel suo Tempio il Signore… e purificherà i figli di Levi”. Si rimane stupiti quando Luca, parlando materialmente di Maria e Giuseppe dice: “Quando venne il tempo della loro purificazione…”. È logico che si pensi alla “purificazione di Maria”, ma quel “loro” fa pensare che Luca guarda oltre e vi vede realizzata la profezia di Malachia dove si parla della “purificazione dei “figli di Levi”.

 

È in questa trasposizione che il plurale “loro”, impossibile da cambiare in “sua”, acquista tutto il suo vero valore. Gesù non è andato al Tempio per essere purificato e consacrato. È lui che entrando nel Tempio lo ha consacrato definitivamente purificando i figli di Levi. Maria lo ha quindi portato perché desse simbolicamente inizio alla sua missione.

 

Ebbene in Luca 2,22-24 per tre volte si parla della Legge di Mosè, cioè del Signore. La piccola famiglia è in tutto obbediente alla Legge e si usa un’espressione che richiama l’inizio del testo di Paolo: “Quando si compirono gli otto giorni dalla circoncisione…; quando si compirono i giorni della loro purificazione…”.

 

Nel parlare biblico si è soliti contemplare il trascorrere del tempo nella sua tensione verso un atteso compimento in cui qualcosa di significativo deve realizzarsi. Per Gesù non contava la circoncisione, ma l’imposizione del nome e qui non si dice chi impone il nome ma si ricorda l’atto di ubbidienza a Dio e si dà quel nome che “fu dato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo materno”.

 

Così si ricorda, anche se c’è il pronome “loro” già spiegato sopra, la purificazione di Maria. La tutta santa non vuole apparire diversa dalle altre donne, come Gesù, quando si presenterà mescolato ai peccatori per farsi battezzare, non vuole apparire diverso dagli altri, forse perché sa che deve assumere il peccato di molti.

 

L’incontro con l’anziano Simeone: Una spada ti trapasserà l’anima

 

Simeone li benedisse e rivolto a Maria disse: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione; e anche a te una spada trafiggerà l’anima perché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Sono altre parole che Maria deve conservare e confrontare perché solo a poco a poco riuscirà a capirne il senso.

 

Certamente però ha capito che sarà coinvolta nel destino di suo Figlio. Ed è questo che certamente accetta quando, entrata nel Tempio, offre il suo Figlio al Signore. Questo dice che la Maternità di Maria ha uno scopo storico-salvifico e che tutta la vita del Figlio la coinvolgerà. Certamente, in quel momento, non poteva capire tutto, ma a poco a poco riuscirà a penetrarne sempre di più il senso vivendo in ascolto del Figlio.

 

La stessa spada che uccide il Figlio trapasserà l’anima di Maria. Non si tratta di due episodi, di due protagonisti, ma di una stessa passione sopportata allo stesso tempo dalla Madre e dal Figlio. Non si parla prima di Maria e poi del Figlio. Le parole del testo si intrecciano e i due sono messi sullo stesso piano. Maria si trova associata intimamente al destino e alla morte di Gesù e non solo per il dolore che ha provato ai piedi della croce, ma per il posto che essa occupa nell’economia della salvezza.

 

 

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