Santa Messa in ricordo degli alpini e dei militari di tutte le armi caduti nella battaglia di Russia

Stamani nella chiesa dei SS. Giorgio e Caterina, i militari hanno arricchito con la loro presenza la Santa Messa delle  9,30 officiata dal parroco don Franco Matta.

Il suono della tromba ha dato inizio al ricordo di quel giorno di storia, tanto tragico per le perdite subite sotto i colpi dell’armata russa, e al tempo stesso tanto valoroso per il coraggio e l’ardore dimostrato dai soldati durante la battaglia di Nikolajewka.

Mai più, ha detto il parroco, si trovi la pace attraverso la guerra ma vi sia sempre tolleranza e rispetto delle idee altrui perché la pace è il bene più prezioso per l’uomo.

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Storia

Già dalle prime ore del mattino, la colonna formata dalle truppe italiane in ritirata, cui erano aggregati diversi reparti delle altre potenze dell’Asse (specialmente tedeschi e ungheresi), venne fatta oggetto di un bombardamento da parte di quattro aerei dell’Armata Rossa.

Già dalle prime ore del mattino, la colonna formata dalle truppe italiane in ritirata, cui erano aggregati diversi reparti delle altre potenze dell’Asse (specialmente tedeschi e ungheresi), venne fatta oggetto di un bombardamento da parte di quattro aerei dell’Armata Rossa.

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Alla Tridentina, unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, fu assegnato il compito di iniziare l’assalto al villaggio. Particolarmente significative durante questo attacco furono le azioni dei Battaglioni “Vestone”, “Verona”, “Valchiese” e “Tirano”. Malgrado lo sbando che delle truppe in ritirata avrebbero dovuto avere, gli italiani riuscirono a sostenere l’attacco contro un nemico maggiormente dotato di armi pesanti ed artiglieria.

In serata si unirono alle forze all’attacco i Battaglioni “Battaglione Alpini Edolo” e “Valcamonica” e gli uomini della Tridentina, guidati dal generale Luigi Reverberi, riuscendo ad aprire un varco fra le linee russe grazie all’impiego dell’unico carro armato tedesco ancora utilizzabile ed alla disperata lotta per sfuggire all’accerchiamento nemico.

Dalla motivazione della medaglia d’oro al valor militare conferita a Reverberi per il suo comportamento in questa battaglia si legge:

Alla testa di un manipolo di animosi, balza su un carro armato e si lancia leoninamente, nella furia della rabbiosa reazione nemica, sull’ostacolo, incitando con la voce e il gesto la colonna che, elettrizzata dall’esempio eroico, lo segue entusiasticamente a valanga coronando con una fulgida vittoria il successo della giornata ed il felice compimento del movimento. Esempio luminoso di generosa offerta, eletta coscienza di capo, eroico valore di soldato.

Le perdite italiane furono altissime, nonostante ciò la battaglia rappresentò un successo poiché le truppe dell’Asse, pur decimate e completamente disorganizzate, riuscirono ad aprire un varco nella sacca del Don e a raggiungere Shebekino il 31 gennaio 1943, località al di fuori della “tenaglia” russa. Il 16 gennaio 1943, giorno di inizio della ritirata, il Corpo d’Armata Alpino contava 61.155 uomini. Dopo la battaglia di Nikolajewka si contarono 13.420 uomini usciti dalla sacca, più altri 7.500 feriti o congelati. Circa 40.000 uomini rimasero indietro, morti nella neve, dispersi o catturati. Migliaia di soldati vennero presi prigionieri durante la ritirata e radunati dai sovietici in vari campi. Uno dei più tristemente noti fu quello di Rada, nei pressi della città di Tambov. Solo una percentuale minima di questi prigionieri farà ritorno in Italia a partire dal 1945. Fra gli alpini che hanno preso parte a questa battaglia, si ricordano don Carlo Gnocchi, Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi e Nuto Revelli.

 

 

Preghiera

 

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