Catechesi Quaresimale di Mons. Mario Ledda: lunedì 31 marzo

4. Lunedì 31 Marzo

LA PREPARAZIONE DEI DONI

La “preparazione dei doni” non come semplice atto funzionale ma come autentico “segno” di partecipazione.

 

DA PRINCIPI E NORME:

49. All’inizio della Liturgia Eucaristica si portano all’altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo:

* I fedeli – cosa lodevole – presentano il pane e il vino;

* Il sacerdote, o il diacono, in luogo opportuno e adatto, li riceve e li depone sull’altare, recitando le formule prescritte.

Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito di presentare questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale.

Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori dalla Mensa Eucaristica.

Al n°48 avevo preannunciato: “Nella preparazione dei doni, vengono portati all’altare pane e vino con acqua, cioè gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani”.

Elenchiamo alcuni dati:

 * pane e vino sono gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani

* lodevolmente i fedeli presentano il pane e il vino

* l’offerta di un obolo è collegata al gesto di portare pane e vino all’altare

* il rito conserva il suo valore e il suo significato spirituale

Su quest’ultima indicazione ci fermiamo brevemente.

 

Ci sono indicazioni pratiche da tener presenti perché questo rito della “processione offertoriale” sia preservato da esagerazioni fuorvianti che ne snaturano la capacità di segno liturgico. Ne elenco velocemente alcune:

  • si porta pane e vino
  • altre cose devono essere quelle indicate: “si possono presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa” [n°49]
  • altri segni ci possono essere, purché significativi e in regime di sobrietà.

Interessa comunque di più il “valore e il significato spirituale” suggerito dal Principi e Norme: le indicazioni pratiche sono in funzione di questo valore e di questo significato.

* Dall’ intera Chiesa (non solo dai sacri ministri) giunge all’altare la “materia” per l’Eucarestia, che è sacrificio e banchetto: i fedeli qui – come detto per la Preghiera Universale – esercitano il loro ufficio sacerdotale.

* Elementi di per sé non già “sacri”,  ma tratti dalla vita quotidiana [“terra” e “lavoro dell’uomo”] sono messi a disposizione di Dio perché “diventino…”

* Questi elementi conservano la loro “specie” ma divengono tutt’altro, conservano l’aspetto di quotidianità e di ferialità, ma sono ben altro.

Proprio qui si inserisce il “valore spirituale” del gesto liturgico [e a questo punto: che ci sia o meno la processione offertoriale]:

  • il gesto non può ridursi alla sua opportunità funzionale: per portare pisside e ampolline basta un bravo chirichetto
  • ciò che tu deponi sull’altare è segno di te, ciò che noi deponiamo sull’altare è segno del NOI
  • non c’è da prendere le distanze tra IO/NOI e il dono depositato sull’altare
  • offrire il dono non esaurisce il mio/nostro compito, e al resto poi penserà lo Spirito di Dio
  • insieme a quel pane e quel vino ci sono IO, ci siamo NOI
  • Il destino di quella materia offerta è lo stesso destino nostro: “diventare…”

Aggiungiamo: Il pane non oppone resistenza al “divenire” operato dalla Parola e dallo Spirito. E noi?!

 

Provo ad illustrare questo aspetto non facile della spiritualità liturgica – che poi è autentica spiritualità di ogni Chiesa che celebra – leggendo con voi due testi liturgici, due orazioni.

 

  1. O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria, fà che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo [Dopo la Comunione della III Domenica di Quaresima]

L’anamnesi di questa bella orazione fa memoria di grandi cose: il pane del cielo, il dono, la bontà di Dio, richiama la manna, richiama il discorso Eucaristico in Gv 6.

Richiama anche la gloria di Dio regalata a noi, la partecipazione alle altezze della vita di Dio, il pegno, cioè la fedeltà di Dio alla sua promessa, il nostro futuro bello ed eterno.

Ma attenzione: contiene anche una “location” di tutto ciò: in questa vita.

Tutti questi beni di Dio sono donati e devono essere accolti in questa vita, in questa storia, in questo miscuglio di fragilità che schiaccia verso il basso e di aspirazioni che innalzano verso l’alto. La nostra vita, il nostro esistere concreto e quotidiano viene interpellato e coinvolto dall’iniziativa salvifica di Dio.

E allora le mie scelte, le mie decisioni, le mie passioni e i miei sogni cosa mostrano? Cosa rilevano di me? Eccoci alla richiesta dell’Orazione in esame: manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo.

Cosa le nostre opere devono manifestare? La risposta si trova nell’individuare la realtà presente nel sacramento che celebriamo. Quale è la realtà presente nel sacramento? Quale è il complemento oggetto del verbo “celebrare”? Letteralmente qui è il “sacramento”. Ma cosa contiene il sacramento? Lo sappiamo: la presenza reale di Cristo, il suo reale gesto di dono di sé. Pertanto nelle mie opere si deve manifestare, deve venir fuori, deve emergere, deve essere leggibile la realtà del dono di Cristo. Il fatto che Cristo ha usato sé stesso per me/noi, proprio questo stesso fatto deve risultare riscontrabile nelle mie/nostre opere, nella mia/nostra maniera di condurre l’esistenza.

  1. Santifica, o Dio, i doni che ti presentiamo e trasforma in offerta perenne tutta la nostra vita in unione alla vittima spirituale, il tuo servo Gesù, unico sacrificio a te gradito [7 volte nel Messale, sempre come Orazione sulle Offerte]

La santificazione dei doni è in funzione della trasformazione di tutta la nostra vita.

La nostra vita deve divenire un’offerta perenne: tutta la vita, non alcuni momenti o alcuni episodi;  l’offerta ha da essere perenne, continua, ininterrotta, coincide con il vivere. La trasformazione cui siamo destinati ha un modello e una finalità ben precisa: la vittima nello Spirito, Gesù Servo. La vittima nello Spirito che è Gesù Servo, è l’unico sacrificio che interessi a Dio.

Salmo 40(39) 7-9: Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo”.

Ma anche Isaia 1,10-20: Che m’importa dei vostri sacrifici senza numero? Dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso: sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana, e sarete ascoltanti e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato.

 

Siamo nel tempio di Gerusalemme durante un’assemblea. In prima fila sono presenti le autorità civili, militari e religiose. A tenere il sermone è chiamato il sacerdote Isaia e le sue parole sono di una veemenza inaudita. È la necessità dell’unione tra culto e storia, tra preghiera e giustizia, tra rito e vita, tra liturgia e morale: coerenza spesso infranta e ipocritamente compensata da accumulazioni di pratiche rituali.

Il desiderio del profeta è ritrovare l’anima autentica della fede e della liturgia: il rito non salva, anzi si riduce a magia se non diventa verità e giustizia nel quotidiano.

La vera fede non è una pratica rituale moltiplicata stancamente e abitudinariamente.

Karl Barth: “Signore, liberami dalla religione e dammi la fede”: non è salvifica una religiosità scontata e senza ricadute nell’esistenza.

La sintesi è nella frase potente: “Non posso sopportare delitto e solennità”.

Si ha una lista liturgica di quattordici elementi destinati ad illustrare tutta la gamma della “solennità” ipocrita:

*  c’è il sacrificio cruento di comunione, l’olocausto di montoni, il grasso dei giovenchi, il sangue di tori, agnelli e capri, ma ci sono anche i pellegrinaggi (il “presentarsi” tre volte l’anno al tempio), sarcasticamente bollati come un “calpestare gli atri” del tempio, un inutile consumo di sandali e di pavimenti

*  ci sono le offerte vegetali in genere e l’incenso in particolare

*  c’è la serie delle date religiose del calendario: il sabato, le assemblee penitenziali o di ringraziamento in alcune circostanze, i noviluni, le principali solennità, le varie feste minori

*  per concludere con lo stendere le mani e con le preghiere, ossia con l’aspetto personale del culto.

 

Questa “religione vana” subisce l’attacco durissimo e sprezzante del Signore, rivelatore del disgusto che il Signore prova di fronte all’ipocrisia. Dodici sono i verbi adottati per delineare pittorescamente la reazione divina: “Che m’importa? Sono sazio. Non gradisco. Chi vi chiede? Cessate. È un abominio per me. Non sopporto. Detesto. Sono per me un peso. Sono stanco. Allontano gli occhi. Non ascolto”.

Il distacco è totale: Dio chiude gli occhi nauseato di fronte a mani imploranti che grondano sangue, si tura le orecchie per non cogliere una sillaba delle preghiere.

Ma il sermone di Isaia si conclude con una nuova lista di appelli al positivo. Dieci esortazioni: “Lavatevi, purificatevi, togliete il male, cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova, venite”.

Il popolo è posto di fronte alla libertà di una scelta. La provocazione divina ha come meta una decisione netta dell’uomo tra fede e farsa religiosa, tra osservanza genuina e obbedienza apparente.
E Dio spera che l’opzione sia corretta.

I versanti della docilità e dell’ascolto obbediente e dell’ostinazione e della ribellione sono sempre davanti ai nostri passi, e il rischio è costantemente in agguato.

 

 

Altre Orazioni sulle Offerte con simili temi

XXXIV Domenica del T.O.

Accogli, Signore, questi santi doni che ci hai comandato di offrire in tuo onore, perché, obbedienti alla tua parola, diventiamo anche noi un’offerta a te gradita.

 

Santissima Trinità

Invochiamo il tuo nome, Signore, su questi doni che ti presentiamo: consacrali con la tua potenza e trasforma tutti noi in sacrificio perenne a te gradito.

 

Comune della Dedicazione della Chiesa

Accetta, Signore, il sacrificio che ti offriamo nel ricordo del giorno santo, in cui hai riempito della tua presenza questo luogo a te dedicato, e fa’ di noi un’offerta spirituale a te gradita.

 

Comune della Beata Vergine Maria 2.

Accogli, Dio misericordioso, l’offerta che ti presentiamo nel devoto ricordo della Vergine Madre, e trasforma la nostra vita in sacrificio perenne a te gradito.

 

Lunedì III Settimane di Avvento

Accogli, Dio misericordioso, l’offerta che ti presentiamo e trasforma la nostra vita in sacrificio perenne a te gradito.

 

Venerdì III Settimana di Pasqua

Santifica, o Dio, questi doni, e accogliendo l’offerta della vittima spirituale, trasforma tutti noi in sacrificio perenne a te gradito.

 

Venerdì I Settimana di Avvento – alt. Sulle Offerte

O Signore, questo sacrificio di riconciliazione e di lode ci ottenga la gioiosa esperienza del tuo perdono e trasformi tutta la nostra vita in perenne rendimento di grazie.

 

15 Agosto: Assunzione della B.V. Maria – Messa vespertina nella vigilia – Sulle Offerte

Il sacrificio di riconciliazione e di lode, che ti offriamo, o Padre, nell’Assunzione della beata Vergine Maria, Madre di Dio, ci ottenga il perdono dei peccati e trasformi la nostra vita in perenne rendimento di grazie.

 

I commenti sono chiusi.