“Avvento: alzatevi e levate il capo” di don Tonino Bello

«Ebbene di fronte a questo quadro così allucinante di paure umane, che cosa ci dice oggi il Signore? […] Rivolge a ciascuno di noi la stessa esortazione che l’angelo rivolse alla Vergine dell’Avvento e dell’Attesa.

«Non temere, Maria». Non aver paura, Chiesa.

Vedete: paura ha la stessa radice di pavimento.
Viene dal latino «pavére». «Pavere» significa battere il terreno per allivellarlo. Anche terrore ha la stessa radice di terra.
Paura, quindi, è la conseguenza dell’essere battuto, appiattito, allivellato, calpestato.
Ora, che cosa mi dice il Signore di fronte a queste paure: rimani lì steso sul pavimento? Rimani appiattito atterrato? No! Mi dice la stessa cosa che ha detto a Maria: «non temere».
E adopera due verbi bellissimi: alzatevi e levate il capo.
Sono i due verbi dell’Avvento. Sono le due luci che ci devono accompagnare nel cammino che porta al Natale.
Alzarsi significa credere che il Signore è venuto sulla terra duemila anni fa, proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione.
Alzarsi significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue.
Alzarsi significa abbandonare il pavimento della cattiveria, della violenza, dell’ambiguità, perché il peccato invecchia la terra.
Alzarsi significa, insomma, allargare lo spessore della propria fede.
Ma alzarsi significa anche allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza.
E allora non ci sarà più pianto, né lutto, e tutte le lacrime saranno asciugate sul volto degli uomini.
E levare il capo che cosa significa?
Fare un colpo di testa. Reagire. Muoversi.
Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento nel qui e nell’ora della storia, [e] viene come ospite velato. E, quindi, saperlo riconoscere nei poveri, negli ultimi, nei sofferenti.
Significa in definitiva: allargare lo spessore della carità.
Ecco il senso di questo Avvento di solidarietà, ben espresso dall’augurio fortissimo che S. Paolo ci ha formulato nella seconda lettura «il Signore vi faccia crescere nell’amore vicendevole e verso tutti».
Verso tutti. Senza esclusione di nessuno.
[…] accanto ai poveri, agli ultimi, ai sofferenti, ai malati cronici, agli handicappati, agli anziani, ai malati terminali, ai dimessi dal carcere e dai manicomi… per condividerne tempo, gioie e speranze. […] accanto agli immigrati, ai migranti, ai terzomondiali, non soltanto dando loro un letto e la buona notte, ma incalzando soprattutto le pubbliche istituzioni perché i provvedimenti di legge siano meno disumani delle norme vigenti. […]
Vissuto così, l’Avvento non sarà il contenitore delle nostre paure, ma l’ostensorio delle nostre speranze. »

Vostro + don Tonino Bello
 

 

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